Realizziamo interventi per il benessere dei dipendenti
La salute dell’individuo non riguarda soltanto l’assenza di malattia, ma si allarga al “benessere” che comprende congiuntamente gli ambiti fisiologici, psicologici e sociali, come evidenziato nel famoso modello bio-psico-sociale (Engel 1977).
Partendo da questo modello si sono successivamente sviluppati una lunghissima serie di studi che hanno dimostrato che il benessere parte da stili di vita corretti in grado prevenire la malattia, e tra questi gli aspetti psico-emotivi soggettivi e quelli relazionali intersoggettivi sono i più importanti.
Da tali considerazioni nasce la “Psicologia Positiva” (Seligman, 2004, 2010), volta a sviluppare interventi che promuovono il benessere.
I 5 fattori chiave sono:
- emozioni positive;
- coinvolgimento (engagement);
- vita piena di senso come risultato del sentirsi al servizio di qualcosa di grande;
- realizzare i propri obiettivi con competenza e padronanza;
- costruzione di relazioni positive.
Verso quest’ottica si muove anche il “Job Crafting” (Wrzesniewski & Dutton, 2001), l’insieme di cambiamenti fisici, emozionali e cognitivi che gli individui mettono in atto per uniformare il proprio lavoro alle proprie caratteristiche personali (attitudini, talenti, bisogni). Si tratta di un processo creativo che raffigura il modo in cui gli individui riescono ad adattare le condizioni di lavoro presenti in modo tale da creare uno scenario (fisico, relazionale e di significati) in grado da migliorarne la soddisfazione e la gratificazione professionale.
Partendo da queste basi proponiamo alle amministrazioni pubbliche e alle istituzioni 4 percorsi per migliorare il benessere dei dipendenti.
Quattro percorsi per promuovere benessere
Realizziamo interventi di supporto personale e sui gruppi utilizzando il counseling sistemico relazionale, umanistico ed esistenziale, e percorsi di formazione relazionale unici ed esclusivi in grado di coinvolgere sia piccoli team omogenei che gruppi più ampi e disomogenei. Sono percorsi di formazione esperienziali supportati da evidenze scientifiche, dove si alternano formazioni interattive, dinamiche di gruppo, lavoro personale ed esperienze ludiche.
Riassumendo le aree di intervento sono:
- Bisogni personali (Counseling individuale);
- Criticità lavorative e strategie condivise (Counseling di gruppo)
- Prevenzione dei conflitti ed empatia (Vivere nuove relazioni)
- Gestione dei conflitti e resilienza (Perdono e auto-compassione)
“Bisogni personali sul lavoro”
Il counseling è una relazione d’aiuto con interventi limitati nel tempo e su problemi specifici di natura non psicopatologica. Consente alle persone di riconoscere ed utilizzare il proprio potenziale, migliorare abilità relazionali, risolvere specifiche problematiche personali limitate al “qui e ora” ed evidenziare elementi motivazionali utili alla crescita umana e professionale.
Nel contesto lavorativo è utile per il alleggerire situazioni di stress eccessivo, prevenire il burn out, ottenere un primo sostegno in caso di mobbing, per facilitare la gestione dei conflitti. Il counseling non è psicoterapia.
L’intervento del counsellor è regolato da norme etiche e deontologiche per la tutela della dignità e della riservatezza del cliente e per il rispetto dei limiti della relazione professionista-cliente.
Il counselor si occupa di “supportare” il proprio cliente valorizzando le risorse e le capacità che già possiede e lo aiuta a conseguire gli obiettivi e il benessere desiderati. L’approccio è: ce la puoi fare, ti aiuto nel qui e ora!
Lo psicoterapeuta si occupa di “curare” un paziente che sostiene di non farcela, lo aiuta a superare il problema e a riconfigurare la personalità. L’approccio è: non riesci a farcela, scopriamo perché!
“Criticità lavorative e strategie condivise”
Il counseling considera il gruppo di lavoro come un’entità strettamente interconnessa dove ognuno svolge un ruolo facilitante oppure osteggiante nei confronti degli altri membri. In un gruppo di lavoro il counseling si occupa di riesaminare una situazione complessa, vagliare ipotesi, opportunità, opzioni e orientare il gruppo verso una decisione condivisa. Si inizia riorganizzando le informazioni necessarie, si prosegue ridefinendo esigenze ed aspettative, si esplorano e valutano ipotesi e possibilità di altri interventi e si utilizzano al meglio le risorse personali e quelle dei sistemi di riferimento.
Nel nostro counseling vengono utilizzati tre approcci metodologici differenti, che si rifanno ad altrettante scuole di pensiero. Vengono integrati gli approcci:
- umanistico (protagonista è la persona con le sue specificità)
- sistemico relazionale (esplora le dinamiche relazionali)
- esistenziale (ricerca i valori per farli accordare con le azioni)
“Prevenzione dei conflitti ed empatia”
Si tratta di un format che promuove nuovi stili relazionali e fa scoprire ciò che è invisibile agli occhi. Il format è costituito da 6 moduli da 3,5 ore (21 ore totali), da realizzare in tre giornate consecutive o separate, che consente di sperimentare stili relazionali più efficaci utilizzando come elemento narrativo il famoso romanzo “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupery.
Il Piccolo Principe è il terzo libro più venduto al mondo, probabilmente perché consente molte chiavi di lettura e si adatta ad ogni età. In ogni pagina emergono modalità relazionali e legami affettivi differenti, inoltre si viene guidati al fulcro della propria identità e si è portati a riflettere sui propri bisogni e valori, inoltre si sperimenta una forte intimità emotiva, cioè si entra facilmente in empatia con il Piccolo Principe e con i suoi interlocutori, ognuno dei quali rappresenta una metafora di ruoli e situazioni di vita differenti. Attraverso dialoghi molto profondi e un po’ surreali si viene portati in una duplice direzione: sia verso la propria interiorità che verso la condivisione con il prossimo.
“Gestione dei conflitti e resilienza”
Si tratta di un format che promuove il perdono e l’auto-compassione. Il format è costituito da 4 moduli da 3,5 ore (14 ore totali), da realizzare in due giornate consecutive o separate, che permette di intraprendere un percorso di trasformazione della memoria e di ritrovare relazioni più sane ed autentiche con il prossimo e con sè stessi volte all’auto-realizzazione.
Il perdono è divenuto oggetto di interesse della psicologia soltanto negli ultimi anni e il suo studio scientifico è iniziato con l’aumento della comunicazione tra le discipline che ha dato vita ad un vivace dibattito teorico in merito a questo costrutto (Berry, Worthington, Parrott, O’Connor & Wade, 2001) che implica aspetti emotivi, cognitivi e comportamentali (Worthington et al., 2007). Due sono le tipologie di perdono: il perdono decisionale, ovvero la presa di decisione da parte del soggetto di controllare i propri comportamenti (aspetto cognitivo), e il perdono emotivo, ovvero le emozioni e i sentimenti che entrano in gioco durante il perdono che da negativi (es. paura, rabbia, disgusto, ostilità) si trasformano in positivi (es. gioia, pace, compassione). Tutto ciò si ripercuote nel comportamento che verrà messo in atto. (Worthington et al., 2007). La capacità di perdonare in ognuno di noi cambia nel corso della vita e non si mantiene stabile negli anni. (McCullough et al., 2009).