L’intelligenza artificiale ha bisogno della tua intelligenza emotiva
Scopri perché l’intelligenza emotiva è importante nella vita lavorativa e personale
Scopri perché l’intelligenza emotiva è importante nella vita lavorativa e personale
Molti rapporti sul mercato del lavoro, tra i quali il Work Trend Index di Microsoft 2023 che è stato ricavato da un sondaggio globale di 31.000 persone, hanno evidenziano che nei prossimi anni l’influenza dell’intelligenza artificiale sarà sempre maggiore, quindi sempre più spesso umani e macchine super intelligenti lavoreranno affiancati. Affinché questa sfida non sia già persa in partenza da parte dei lavoratori e delle lavoratrici del futuro è necessario sviluppare tre competenze fondamentali:
L’intelligenza emotiva è fondamentale per governare i cambiamenti
È proprio l’intelligenza emotiva la soft skill in grado di fare davvero la differenza. Chi vorrà ricavarsi un ruolo solido avrà la necessità di sviluppare non solo le hard skills, cioè la base per promuovere la futura innovazione, ma soprattutto le soft skills, che consentono di approcciare l’esperienza in modo creativo e di fare la differenza. Occorre sviluppare l’empatia nelle relazioni e gestire le emozioni conseguenti allo stress e alla frustrazione dei cambiamenti, in modo da promuovere la flessibilità, vista come opportunità e non subita come obbligo. In poche parole occorre sviluppare la propria intelligenza emotiva.
“Intelligenza Emotiva” è un gioco di parole coniato alla fine degli anni ’80 da due psicologi americani, Peter Salovey e John Mayer. Nel 1995 il giornalista psicologo Daniel Goleman ha scritto un libro dove spiegava cos’era l’intelligenza emotiva e offriva alcuni esercizi per coltivarla: è stato un successo editoriale. Da quel momento Goleman è diventato il “padrino” di questa intelligenza che è alla portata di tutti.
L’intelligenza emotiva in sintesi consiste in:
Anche numerosi altri studi hanno messo in evidenza che l’intelligenza emotiva è un’abilità fondamentale sia per il successo professionale che per l’efficacia nelle relazioni personali. L’auto consapevolezza dei propri stati emotivi e il loro adattamento creativo alle nuove situazioni è risultato essere l’aspetto più importante.
Le persone con un livello di Intelligenza Emotiva più elevato sono più soddisfatte del proprio lavoro e hanno meno probabilità di licenziarsi, prendono decisioni di carriera migliori in linea con le proprie motivazioni e i propri interessi e possono adattarsi alla realtà del proprio lavoro.
E visto che sono più bravi a gestire le proprie emozioni, tendono ad essere non solo facilitati nel lavoro ma anche più popolari tra i colleghi, perché risultano essere delle persone che gli altri amano avere intorno.
Non si nasce con l’intelligenza emotiva, ma si può essere più o meno predisposti per impararla
La risposta è no! Non si nasce con l’intelligenza emotiva perché il nostro cervello non è fatto per scegliere ma per reagire in modo automatico partendo da schemi cognitivi ancestrali, gli stessi che hanno salvato la vita ai nostri progenitori che vivevano nelle caverne, schemi tipo attacco/fuga di fronte ad un pericolo, oppure di rabbia di fronte ad un attacco alla propria identità personale (idee, valori) e sociale (ruolo, relazioni). Ma noi ora non viviamo più nelle caverne… almeno così sembrerebbe!
Quindi non si nasce con l’intelligenza emotiva, ma con una capacità più o meno accentuata di svilupparla. Ricordiamo che l’intelligenza emotiva consiste nella scelta intelligente delle proprie emozioni, ed è ormai noto che si nasce con una predisposizione sia intellettiva che emotiva collegata a fattori epigenetici. Ereditiamo quello che viene chiamato temperamento, che incide sull’essere più introversi o estroversi, aperti o chiusi alle novità, sensibili o insensibili, con un carattere gioviale e pacioso oppure permaloso e irritabile. Tutto questo bagaglio porta ognuno di noi a vivere lo stesso fatto in modo diverso, con percezioni cognitive ed emotive differenti.
Il temperamento è una specie di termometro interiore che stabilisce l’intensità, la frequenza e la soglia delle risposte affettive, è come se ognuno di noi avesse un meccanismo interno di riscaldamento emotivo-affettivo, come se ogni persona avesse un proprio modo “biologico temperamentale” di attivarsi.
Ma l’epigenetica non si limita al temperamento, influisce anche sui talenti naturali che potranno essere coltivati e fatti crescere oppure sotterrati, sprecati e vanificati.
Anche il comportamento emotivo della madre durante la gravidanza è molto importante, infatti è ormai assodato che le emozioni materne predominanti vengono trasmesse al feto e lo predispongono ad una maggiore o minore regolazione emotiva futura. Per esempio stress prolungati producono nella madre un elevato livello di cortisolo, un ormone in grado di influenzare il futuro livello di stress nel nascituro, e numerosi studi concordano sul fatto che lo predispongono ad uno stile di attaccamento insicuro, a disturbi ansiosi, a deficit di attenzione, iperattività e a disturbi della condotta.
Per contro una madre serena, che vive esperienze piacevoli durante la gravidanza, produce elevati livelli di endorfine e di ormoni (progesterone, ossitocina, GABA, serotonina) che comunicano al bambino calma e serenità e gli fanno sperimentare una sorta di attaccamento sicuro già nel grembo materno.
Quindi sia il livello di intelligenza che la regolazione emotiva basilari sono già presenti in tenerissima età, ma poi dipende dal contesto in cui si vive valorizzare oppure deprimere questi tratti acquisiti.
L’intelligenza emotiva si impara con il tempo, ma è chiaro che a qualcuno riesce più facile apprenderla, mentre per altri è un po’ più difficile.
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