Morte rimossa, spettacolarizzata o desiderata…
In molti casi oggi si è perso un corretto rapporto con la morte
In molti casi oggi si è perso un corretto rapporto con la morte
Gli atteggiamenti nei confronti della morte possono essere molteplici: morte rimossa, spettacolarizzata o desiderata, raramente correttamente collocata.
Scriveva Blaise Pascal: «Gli uomini, non avendo nessun rimedio contro la morte, la miseria e l’ignoranza, hanno stabilito, per essere felici, di non pensarci mai».
Proprio come per molti che fino a ieri di morte, tra un viaggio intercontinentale e una riunione strategica, non volevano proprio sentir parlare, un evento troppo lontano per prenderlo in considerazione seriamente.
Il lutto è oggi un’esperienza che si vive sempre più da soli
Poi ad anizio 2020 è arrivata la pandemia di covid 19 e anche i più lontani non hanno più potuto far finta di niente. Almeno non troppo…
Qualcosa è sfuggito di mano: la medicina può molto ma non tutto, nel presente si muore ancora, oggi più di qualche mese fa.
Ci voleva “un’entità biologica di tipo parassitario” come il coronavirus per costringerci a fermarci un po’ e per iniziare ad affrontare il disagio della solitudine e la paura della morte.
La società post-moderna attuale ha promosso da una parte il relativismo, il soggettivismo e l’edonismo, dall’altra ha raggiunto traguardi impensabili nelle scienze e nella tecnica, con un conseguente delirio di onnipotenza.
La vita si è allungata e si è affermato il giovanilismo, con l’illusione di una vita senza termine. È importante ciò che appare, è da evitare ogni riferimento alla trascendenza, occorre essere sempre in forma, occorre perseguire l’efficienza ad ogni costo.
Culturalmente la morte è diventata il vero tabù dell’umanità odierna. Da qui tre realtà drammatiche del nostro tempo: la morte rimossa, spettacolarizzata o desiderata.
La morte viene affrontata in modi molto diversi
La morte è ridotta ad un fatto tecnico, viene il più possibile ospedalizzata per tenerla lontana dai consueti luoghi e rapporti. Si cerca di nasconderla e negarla, si muore sempre meno in casa, le esequie sono sempre più asettiche e rapide.
Rappresenta un paradosso, mentre da una parte l’uomo d’oggi fa di tutto per rimuovere la morte, dall’altra avviene che molti fanno la tremenda esperienza della difficoltà di continuare a vivere, per cui si desidera soltanto la morte e si guarda alla morte come all’unica via di uscita.
Da qui il moltiplicarsi dei suicidi tra i giovani a causa soprattutto della crisi esistenziale e del fenomeno sempre più radicato dell’esercizio del diritto alla sospensione delle cure (DAT) e l’aumento delle richieste di eutanasia.
Ecco un’altra grande contraddizione del nostro tempo: la morte spettacolarizzata attraverso i media, una morte che avvince emotivamente lo spettatore, che segue con animo sospeso il susseguirsi dei fotogrammi contraddistinti da vite stroncate, dove realtà e finzione sovente si mescolano.
A volte si tratta di immagini in diretta con azioni di guerra o conseguenze di cataclismi, dove la morte lascia dietro di sé corpi inermi celati da un lenzuolo oppure da fotogrammi sgranati. Altre volte si tratta di morte violenta e gratuita per produrre audience in un film, per creare suspence e partecipazione emotiva.
I nostri antenati erano più pronti di noi alla morte: la vita era costellata da guerre, carestie, mancanza di cibo, medicina empirica, malattie mal curate, epidemie varie… la morte entrava frequentemente nelle famiglie.
Altro che morte rimossa, spettacolarizzata o desiderata, ognuno la conosceva fin da piccolo e aveva ben presente che avrebbe potuto toccare anche a lui, in qualsiasi momento.
La morte era un momento della vita, era vissuta nella condivisione e tra gli affetti.
Molti anziani vivono con il mito dell’eterna giovinezza
Il valore del cordoglio (la fase emotiva di dolore iniziale) e del lutto (la fase elaborativa successiva) erano parte della cultura collettiva e ogni luogo o Paese aveva precise ritualità funebri in grado di contenere e riconfigurare l’esperienza.
La morte di un membro della comunità era vissuta come evento sociale, e proprio la ritualità aiutava ad allontanare l’angoscia e a rielaborare l’esperienza, consentiva un sano senso del limite, legava le generazioni, onorava gli antenati, offriva continuità.
Gli anziani, che una volta erano i saggi a cui guardare per attingere sapienza, oggi spesso fanno di tutto per mantenersi giovani, sovente si travestono da ragazzini, mostrano un giovanilismo ingenuo fondato su fragili puntelli esistenziali, rincorrono un desiderio di immortalità.
La morte ha bisogno di adeguati luoghi sociali e personali per l’elaborazione
Ma in seguito alla recente pandemia di covid 19 su ognuno la morte incombe con maggior consapevolezza, colei che era innominabile fino a ieri.
Tutto è successo all’improvviso. La Cina sembrava lontana e ad un tratto abbiamo visto nelle strade file di bare allineate in attesa della destinazione finale, carovane di camion cariche di salme, code di autoambulanze che trasportano malati gravi in ospedali al collasso.
Abbiamo ripreso un po’ di consapevolezza, la morte esiste. Potrebbe bussare alla nostra porta in qualsiasi momento. Ci ha colti di sorpresa, ci ha costretti a fare i conti con la sua esistenza.
La morte ha bisogno di spazi e tempi adeguati per vivere il lutto
Durante l’emergenza coronavirus molti hanno perso un famigliare, un amico, un conoscente, un vicino di casa, e anche chi non ha perso nessuna persona conosciuta ha provato una grande angoscia di fronte agli aggiornamenti di morte quotidiani che si sono susseguiti.
Abbiano ascoltato numeri spaventosi, e non abbiamo potuto fare a meno di pensare che ad ogni numero corrispondeva un nome, un volto, una storia, degli affetti, delle speranze. Al grande cordoglio generale si è aggiunto lo sbigottimento per la sospensione delle funzioni funebri, un fatto mai avvenuto nella storia del nostro Paese.
Ciò ha aumentato il senso di vuoto generato dalle perdite e ha impedito in molti l’inizio del faticoso cammino dell’elaborazione del lutto. La soppressione dei riti esequiali è stata un lutto nel lutto, un dolore nel dolore.
Ogni lutto, anche quando avviene in condizioni più “normali”, ha necessità di trovare uno spazio di accoglienza e di elaborazione.
Il nostro “Counseling Essenziale” consente di accompagnare le persone che stanno vivendo un lutto. Abbiamo appreso e sperimentato il “paradigma del dono” per elaborare i nostri lutti. Se lo desideri possiamo aiutare anche te.
È psicologo, counselor professionista e mediatore familiare. Fa parte del direttivo dell’Associazione di Psicologia Cattolica e ha co-fondato l’associazione non profit Famiglia della Luce con Camilla.
Per molti anni è stato giornalista e formatore nel settore eno-agro-alimentare, ha collaborato con numerose testate e diretto un quotidiano online. Ha inoltre scritto libri di enogastronomia, antropologia culturale e psicologia.
Oggi si dedica alla relazione d’aiuto con l’accompagnamento di singoli e coppie unito alla formazione relazionale dei gruppi nelle imprese profit e non profit.
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Prezioso servizio il vostro, e come sono vere queste considerazioni! Mai come in questo periodo, tragico dal punto di vista del momento storico, ho riflettuto sulla morte…..sono stata colta da timori, senso di smarrimento, anche se sono credente. In più ho sotto gli occhi la sofferenza quotidiana di mia mamma, in preda ad una forma psichiatrica devastante (non è Alzheimer, ma è un’ansia incoercibile, poco o nulla controllata dai farmaci). Mi è capitato tra le mani un testo di Nouven” Il dono del compimento “, che mi ha aiutato molto a pormi da un altro punto di vista nei confronti della morte, mia e degli altri……
Cara Tullia, grazie per le tue parole di apprezzamento. Mi dispiace per la fatica che stai vivendo con tua mamma, una sorta di lutto anticipato… La morte è un tema che spaventa e che spiazza, occorre parlarne di più per collocarla nella corretta dimensione. Potremmo farlo insieme…