La terza età: anziani e non vecchi
Ogni età offre grandi opportunità da scoprire e da vivere
Ogni età offre grandi opportunità da scoprire e da vivere
L’invecchiamento è parte del normale processo di sviluppo dell’essere umano e comporta importanti modificazioni sia biologiche che psicologiche.
Tale concetto, apparentemente banale, è stato però inserito stabilmente nel contesto scientifico solo a partire dalla ben nota teoria stadiale dello sviluppo psicosociale elaborata da Erik Erikson alla fine degli anni ’50 del secolo scorso.
Da essa si evince che la vita è frutto di un progressivo processo evolutivo e che l’invecchiamento inizia con la nascita e si completa con la morte. La terza età si colloca nell’ultimo degli 8 stati proposti dalla teoria eriksoniana, definito della “tarda età adulta”, dove dovrebbe avvenire l’integrazione delle precedenti dimensioni psicologiche.
Dal punto di vista psicologico si può iniziare a parlare di terza età solo dopo i 65 anni, distinguendo tra giovani anziani (65-74), anziani (75-84) e grandi vecchi (oltre gli 85 anni).
Ma questa classificazione, puramente quantitativa, non tiene conto degli aspetti qualitativi dell’invecchiamento, che sono invece fondamentali e differiscono da persona a persona in quanto eterocroni.
Si può arrivare a 90 anni relativamente in buona salute psico-fisica conservando autonomia e relazioni nutrienti, così come si può avere 65 anni non ancora compiuti ma vivere una condizione fisica e psicologica gravemente compromessa da esperienze e malattie pregresse. Per questo alcuni (Laslet e coll., 1989) operano un’importante distinzione qualitativa tra terza e quarta età:
è caratterizzata da buone condizioni di salute, da un buon inserimento sociale, da una buona disponibilità di risorse e con buona possibilità di realizzazione. Per essa può essere rappresentativa la Teoria dell’Impegno (Havingurst, 1969) che, nonostante il rallentamento e il decadimento di alcune funzioni percettive (vista e udito in particolare) e di memoria (in particolare della memoria divisa e di quella prospettica (Kramer, Harish, 1996), consente di far tesoro delle esperienze passate vivendo il presente in modo attivo e soddisfacente.
è caratterizzata dalla dipendenza e dal decadimento fisico e psichico e spesso viene applicata la Teoria del Disimpegno (Cumming, Henry, 1961) che porta a “tirare i remi in barca” attendendo la morte.
Ne consegue che per alcuni anziani che non sono passati attraverso un grave decadimento psico-fisico prima della morte la quarta età è risultata sconosciuta.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la vecchiaia o senescenza come quel periodo della vita in cui la perdita delle funzioni mentali e/o fisiche diviene sempre più manifesta e sceglie oggi i 75 anni come età di riferimento.
L’invecchiamento produce modificazioni biologiche e psicologiche che possono essere vissute in modo positivo, come un’opportunità per raccogliere i frutti delle esperienze precedenti e riorganizzare in modo creativo la propria esistenza presente e futura, oppure come una prigione per il corpo, per la mente e per lo spirito fonte di sconforto.
Molte persone anziane sono oggi in buona salute psico-fisica
Oggi gli anziani sono sempre più numerosi e raggiungono la vecchiaia in migliori condizioni di salute rispetto al passato, merito sia del progresso sia delle conoscenze scientifiche (riduzione della mortalità per malattie infettive) che delle condizioni socio-economiche (miglioramento dell’igiene e dell’alimentazione).
Ma a questo aumento della longevità e della salute spesso non corrisponde una soddisfacente salute psicologica, perché i cambiamenti troppo rapidi dei modelli culturali di riferimento, uniti ad un’uscita spesso traumatica dal contesto lavorativo, generano in molti anziani un senso di frustrazione e di inutilità con conseguente estraniazione e disimpegno.
Il modello culturale che vedeva nel “vecchio saggio” una risorsa indispensabile per il travaso di esperienze e memorie è stato sempre più sostituito da un modello che vede il “vecchio inutile”, un peso da sopportare e da compatire (a volte da allontanare) oppure da sfruttare (come ammortizzatore sociale per familiari in difficoltà economica o con impellenti necessità di accudimento), raramente da rispettare e da considerare nel suo giusto ruolo.
Complice la società consumistica post-moderna, tendenzialmente formata da individui egoisti, autocentrati, narcisisti, voraci consumatori di beni materiali e di sentimenti, proiettati verso modelli di successo centripedi per nulla inclusivi.
Chi sta vivendo oggi la terza età sovente fatica (per fortuna!) a riconoscersi in simili modelli, ma non ha altra scelta che subirli oppure adeguarsi ad essi, con elevato dispendio di energie psico-fisiche in entrambi i casi. Può essere utile un breve accompagnamento mediante il nostro “Counseling Essenziale”.
Una buona vita di coppia o di relazione
Abbiamo visto che l’invecchiamento ha modificazioni sia biologiche che psicologiche. Tornando ad aspetti più tecnici, occorre considerare che molti studi longitudinali confermano che la senescenza non è una condizione patologica, piuttosto sono gli eventi morbosi (malattie acute o croniche) oppure le ferite psico-emozionali (relazioni interrotte, traumi emozionali) a creare le condizioni per un rapido declino psico-fisico.
I fattori che influenzano i processi di invecchiamento nella terza età possono essere numerosi, alcuni endogeni e altri esogeni. Tra di essi:
il maschio invecchia più precocemente, anche se l’aspetto più importante è quello predisponente rispetto a patologie di tipo fisico e psicologico.
un temperamento ottimista oppure pessimista consente di affrontare la terza età da angolazioni diametralmente opposte e determinano lo stile personale di vita.
sono fattori importanti perché consentono di trovare più facilmente alternative di vita alla pensione e di realizzare utili strategie di sopravvivenza.
è importante, perché l’autonomia economica è frutto dei successi della vita lavorativa e consente di programmare attività che esulano dalla stretta quotidianità.
la presenza di una soddisfacente vita relazionale è di fondamentale importanza per invecchiare bene.
spesso considerate con ambivalenza, da una parte temute e combattute dall’altra considerate ineluttabili e legate al destino personale. Ovviamente molto dipende dal carattere invalidante della malattia.
se il contesto sociale o famigliare sostiene e stimola spinge l’anziano alla proattività e alla progettualità, al contrario se svaluta accentua gli aspetti negativi della condizione di vecchiaia e porta alla chiusura in sé stessi.
la scomparsa di figure di riferimento influenza fortemente il processo di invecchiamento.
i cambiamenti radicali sono sempre vissuti con enorme fatica, perché minano ogni sicurezza. La propria casa viene vissuta come un rifugio sicuro, denso di ricordi che a volte divengono oggetti transizionali da accarezzare e indossare.
Molto importanti le relazioni intergenerazionali che danno un senso di continuità
Dopo aver constatato che l’invecchiamento produce modificazioni sia biologiche che psicologiche occorre porsi una domanda: quali interventi psicosociali si possono immaginare per migliorare la vita dell’anziano?
A mio avviso occorre considerare tre aspetti strettamente collegati fra loro:
Ha il compito di proteggere e mantenere le risorse psicofisiche e si prefigge di agire su più fronti:
Ha il compito di sostegno psico-fisico e può comprendere:
Ha il compito di intervenire in caso di malattie acute e croniche:
Ha il compito di consentire il trascendimento dell’Io e di ritrovare senso e prospettive per il futuro.
Non basta la compagnia, si può ampliare il senso della vita attraverso la spiritualità
Se l’invecchiamento ha modificazioni biologiche e psicologiche non può che averne anche dal punto di vista spirituale.
Per spiritualità si intende l’espressione universale della dimensione trascendente dell’uomo che si concretizza nell’insieme di convinzioni e valori che lo guidano e lo spingono a trovare un senso profondo alla propria esistenza.
La religiosità invece è frutto di una maggior strutturazione della dimensione trascendente, che si concretizza con l’adesione ad un credo religioso o con l’appartenenza ad una Chiesa, dove la relazione con Dio si esprime attraverso un particolare sistema di credenze, simboli, riti e persone che hanno funzione di mediazione tra l’umano e il divino.
La religione può essere vissuta sia in modo maturo che immaturo, come riflesso della maturità o immaturità umana.
Le persone che durante la vita hanno coltivato anche la spiritualità sono più portati a vivere positivamente la vecchiaia e l’inevitabile declino psico-fisico, perché sono sostenuti dai valori introiettati durante l’esistenza e sono con più facilità proiettati verso esperienze di trascendenza del Sé.
Chi durante l’esistenza ha coltivato una religiosità matura è portato a vivere, pur con le inevitabili difficoltà e resistenze, il declino della vita come completamento di un’esperienza e la fine come un nuovo inizio, comunque con un senso di affidamento.
Ne derivano anziani eterocentrati, cioè proiettati verso l’altro in termini relazionali e verso “Altro” in termini spirituali.
Gli anziani che durante la loro esistenza hanno invece coltivato una religiosità immatura sono portati a vivere la terza e quarta età come un’ingiustizia, come una mancata risposta della divinità ai bisogni dell’umanità.
Corrono il rischio di essere costantemente autocentrati e di vivere la fede in modo magico-onnipotente.
Ora abbiamo compreso che l’invecchiamento propone modificazioni biologiche e psicologiche, che l’anzianità più che essere uno stato fisiologico è soprattutto un passaggio psicologico.
Se l’anziano è sano i bisogni sono simili a quelli di una persona più giovane, sono bisogni di organizzazione, socialità e senso.
Il nostro “Counseling Essenziale”, partendo dal qui e ora, è uno strumento molto adatto per aiutare a risolvere buona parte problemi pratici degli anziani, e per aiutare a porsi obiettivi adeguati e sani per il futuro.
Bastano pochi incontri per ritrovare la voglia di vivere e di sorridere!
È psicologo, counselor professionista e mediatore familiare. Fa parte del direttivo dell’Associazione di Psicologia Cattolica e ha co-fondato l’associazione non profit Famiglia della Luce con Camilla.
Per molti anni è stato giornalista e formatore nel settore eno-agro-alimentare, ha collaborato con numerose testate e diretto un quotidiano online. Ha inoltre scritto libri di enogastronomia, antropologia culturale e psicologia.
Oggi si dedica alla relazione d’aiuto con l’accompagnamento di singoli e coppie unito alla formazione relazionale dei gruppi nelle imprese profit e non profit.
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